It Comes At Night


Regia: Trey Edward Shults

W la semplicità mi vien da dire, così su due piedi.

E già, perché in fin dei conti la storia ivi raccontata è assolutamente lineare ed essenziale nella narrazione, la location è limitata ad una casa e ad un pezzo di bosco e non compaiono più delle 6 persone attorno alle quali si svolge tutta la vicenda.


Vicenda che, soprattutto nelle fasi iniziali, non si capisce bene in quale direzione voglia svilupparsi, giocando un po’ a fare il solito survive movie, ricordando per ambientazione (e forse all’inizio qualcuno ha sperato anche per contenuti) La Casa di Raimi, richiamando con l “It” nel titolo quell’It Follows” uscito lo scorso anno, strizzando l’occhio ai classici home invasion sullo stile di Secuestrados o del primo La Notte Del Giudizio e concludendo poi con il richiamare piuttosto significativamente ciò che si è visto in The Walking Dead, dove il fidarsi o meno dei pochi sopravissuti che si incontrano per strada diventa ben presto una delle tematiche principali.

Cosa che accade anche qui ovviamente, perché in fin dei conti tutto il film si basa su questo, sul non sapere se si è fatta la scelta giusta accogliendo la famiglia disperata in casa propria. Non succede infatti praticamente nulla, è tutto un gioco di sguardi, di emozioni, di indagine nel carpire anche un solo piccolo segnale che qualcuno sta mentendo o sta cercando di fregare l’altro.

È inevitabile quindi che il regista abbia deciso di giocarsi un all in sulla costruzione dei personaggi e sui rapporti che si vengono a creare tra di loro, amplificati come spesso accade in queste situazioni da condizioni fuori dal normale, dove anche il doversi fare una semplice doccia, o consumare un pasto non appaiono esattamente missioni facilissime. E proprio quelle cene (in particolare quelle prima dell’arrivo degli ospiti) infondono una tristezza enorme, che tuttavia sarà solo il preambolo di ciò che accadrà dopo.


La scommessa però si rivela azzeccata, il board regala carte interessanti e l’all in citato prima sembra dare i suoi frutti, grazie ad una prestazione recitativa convincente e ad un sapiente mix creatosi tra gli interpreti, in particolare tra la glaciale pragmaticità del padre e l’ingenua e bonaria leggerezza del figlio, su cui il semi esordiente Trey Edward Shults costruisce gran parte della vicenda.

Molto intensi ed apprezzabili risultano essere gli innumerevoli primi piani ad essi dedicati, inframmezzati da quegli incubi che regalano di fatto gli unici pochi brividi che consentono quantomeno di poter porre accanto al titolo del film l’etichetta “horror”.


Leggendo queste poche righe però, si potrebbe pensare ad un mezzo flop, anche perché non di rado mi son trovato a bocciare lavori appartenenti alla stessa categoria, le cui colpe principali erano quelle di non coinvolgere abbastanza lo spettatore in conseguenza di scarsa action o di latitanza nel mostrare frammenti che richiamassero in qualunque modo la componente orrorifica. E invece no, QUI CI E’ SCAPPATO IL FILMONE, non ci sono cazzi! 

L’intrattenimento infatti è assolutamente garantito, il desiderio di capire quelle che saranno le dinamiche di questa nuova convivenza ti spinge a non distogliere lo sguardo dallo schermo neppure per un istante e la breve durata (un’ora e mezza scarsa) contribuisce al giudizio assai positivo.


E poi c’è quel finale lì, sicuramente non impossibile da prevedere, ma di un’intensità unica, sia nel farci ammettere con freddezza che quella era l’unica risoluzione possibile, sia nel mostrare quell’ultima immagine al tavolo, un vero e proprio pugno nello stomaco, con quel silenzio che, sarà pure una frase fatta ma me ne fotto, vale più di un milione di parole.

Tutto ciò fa poi passare in secondo piano le mancate spiegazioni riguardo alla ipotetica malattia, in pratica alla fine non ce ne frega più nulla, perché non è quella la strada che ha voluto prendere il regista, mostrando ancora una volta di aver fatto centro.

Mi permetto solamente dallo sconsigliare il film a chi va in cerca di qualcosa di spensierato o allegro e a chi ha passato una cattiva giornata, mentre ovviamente lo straconsiglio a tutti gli altri.

Giudizio complessivo: 8
Enjoy,




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